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Anniversario dell'eccidio di Fossoli, il discorso del sindaco

L'intervento del sindaco Alice Parma in occasione delle commemorazioni dell’eccidio nazifascista di Fossoli nella mattinata di domenica 22 luglio

Innanzitutto grazie per essere qui in una mattina d’estate, diventata un appuntamento immancabile, per ricordare Rino Molari e tutte le vittime di Fossoli a distanza di tanti anni dall’eccidio, di cui nel 2018 ricorre il 74° anniversario.

Quest’anno la nostra azione di memoria è stata molto concreta: portando avanti l’opera di valorizzazione dei luoghi legati alla storia del Novecento presenti in tutta la città, abbiamo dotato di un nuovo basamento la lapide originariamente posta sulla casa natale di Molari, proprio qui accanto.

L’edificio, come sapete, è pericolante, quindi si rendeva necessario trovare una nuova collocazione per questa lapide, dettata da Tonino Guerra, che nel 1986 il Comitato antifascista di Santarcangelo pose per ricordare una figura tra le più importanti della Resistenza locale.

Questa operazione è stata possibile grazie al permesso accordato dagli eredi di Molari, che vorrei qui ringraziare pubblicamente a partire dal professor Pier Gabriele, e dal fondamentale supporto dell’ANPI e della Pro Loco, colonne portanti di quel Comitato cittadino antifascista ancora oggi presente e attivo.

Oltre alle forze politiche che animano il Comitato, ai cittadini e alle autorità presenti, ci tengo a ringraziare in particolare don Andrea Turchini, per la disponibilità accordata al ricollocamento della lapide e la collaborazione sempre dimostrata in occasione delle commemorazioni istituzionali.

La lapide, che abbiamo appena letto, ci ricorda che “Rino Molari ha sacrificato la sua giovane vita per un’Italia più giusta”. Da queste parole vorrei partire per affermare che la memoria non può e non deve essere soltanto riflessione, ma azione.

Più che nelle commemorazioni, comunque dovute e indispensabili, è nelle nostre azioni che si manifesta concretamente l’adesione agli ideali che animarono la Resistenza. E agire significa mettersi in discussione.

La vicenda di Molari ci chiama a rispondere di noi stessi proprio di fronte a questo interrogativo: la scelta di agire, di intervenire per migliorare le cose, nonostante il tanto, tantissimo che potremmo avere da perdere.

Una scelta non facile, che rende Rino Molari degno di ammirazione da parte delle generazioni che lo hanno seguito, ma che tutti noi possiamo provare a replicare almeno in versione ridotta, nella dimensione della nostra quotidianità.

Gli esempio a cui guardare sono innumerevoli, la storia d’Italia ne è piena. Molari, ad esempio, scelse consapevolmente di schierarsi contro lo Stato fascista, che aveva imboccato deliberatamente la via della dittatura.

Che dire allora – a pochi giorni dall’anniversario di via D’Amelio – di chi come Paolo Borsellino aveva scelto la battaglia contro la mafia ed è stato ucciso con la complicità di quello stesso Stato di cui era servitore?

Che Stato è quello che nasce e prospera sul sangue dei suoi figli migliori? Si potrebbe obiettare che qualsiasi Paese presenta nella sua storia episodi di questo genere. Ma l’Italia è indubbiamente specializzata, con quel filo invisibile che unisce ventennio fascista, terrorismo e stragi di mafia.

Tornano alla mente le celebri parole di Calamandrei: “Se volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati”.

Parole che andrebbero estese anche ai decenni successivi, perché se da un lato i poteri della reazione hanno condizionato la storia del nostro Paese anche dopo il fascismo, dall’altro lo spirito di libertà, dignità e solidarietà umana della Resistenza ha continuato a opporsi strenuamente.

La chiave resta sempre la stessa: alzare la testa, far sentire la propria voce e agire quando si vedono intorno ingiustizie come ce ne sono tante, anche oggi, in uno scenario politico-economico drammatico da tanti punti di vista.

A questo punto però scatta il senso di solitudine, la sensazione di essere soli nella propria battaglia, il freno che impedisce di agire perché si ha tanto da perdere di fronte alla minaccia dell’aggressione fisica e mediatica.

Diventa quindi necessario guardarsi attorno, capire chi può essere al nostro fianco o sostenerci nello sforzo, seguendo l’esempio di quella comunanza di intenti che caratterizzava la Resistenza, nonostante valori di partenza anche molto diversi tra loro.

Credo sia questo, oggi, l’aspetto più importante nell’esempio di Rino Molari. Il coraggio dell’azione di fronte all’ingiustizia, senza il quale diventa difficile persino definirci esseri umani.

Grazie a tutti.