Descrizione
È con il cuore pieno di gioia e commozione che ricevo il più alto riconoscimento pubblico di questa città. Grazie al sindaco, alla Giunta, a tutti coloro per mezzo dei quali oggi sono qui insieme a voi a celebrare ancora una volta la poesia. “Carmina non dant panem”, “I versi non danno il pane” dicevano gli antichi, ma sicuramente aiutano a vivere meglio, come già è stato espresso nella motivazione ufficiale, in un mondo sempre più globale e in tempi sempre più imprevedibili.
E questo riconoscimento mentre lo ricevo torna voi, alla comunità di Santarcangelo, alla sua gente, al suo territorio perché è da qui, che, prendendo a prestito il titolo di un libro di Rita Giannini sulla storia del Teatro in piazza, è partita questa “Storia meravigliosa”. Nulla di ciò che ho scritto è avulso da questo contesto.
La frequentazione, in tenera età, del borgo medievale del paese, quelle che comunemente chiamiamo Contrade, mi ha portato a leggere un libro a cielo aperto che ha ispirato prima di me i grandi maestri Guerra, Baldini, Pedretti, Fucci e la Rocchi. Giocando, correndo in compagnia degli amici di allora e poi passeggiando trovavo una dimensione di crescita che mi avrebbe fornito il materiale su cui lavorare.
Attorno ai vent’anni, scoperti i poeti e gli intellettuali santarcangiolesi, mi colse lo slancio di emularli, di provare ad esprimermi come loro in quella lingua tanto astrusa quanto musicale che era il dialetto che sentivo parlare in famiglia e nel vicinato. Non mi è mancato il sostegno di ciascuno di loro, finché in vita: li ringrazio e ringrazio anche Flavio Nicolini, che ironicamente e bonariamente ogni tanto mi diceva “Quando scrivi in italiano?”. Vorrei dirgli, ma forse lo sa, che adesso scrivo anche in italiano. Mi duole solo non aver potuto conoscere di persona Nino Pedretti, ma la sorella Giaele con la sua famiglia e sua figlia Anna mi hanno accolta come una di loro. Non era affatto scontato!
E ricordo anche quando bussai con trepidazione alla porta di Gianni Fucci con una cartella di dattiloscritti sotto braccio che con pazienza e prodigo di consigli mi congedò dicendomi “Ta i è e’ sbozz”.
A un concorso di poesia conobbi il poeta dicitore Valderico Vittorio Mazzotti di Torre Pedrera. Lui conosceva Raffaello Baldini e mi procurò un incontro nella del centro storico. Era d’estate e lui era avvolto nella penombra. Con grazia e curiosità sfogliava la solita cartella. Mi congedò con approvazione e io avevo il cuore in gola.
Più tardi, verso la fine dei suoi giorni, arrivò grazie ad alcuni amici anche l’incontro con Tonino Guerra, che guardavo da lontano come fosse un mostro sacro. Non potrò dimenticare anche in questo caso l’accoglienza sua, della moglie Lora, del figlio Andrea e la sua immensa vitalità e curiosità nonostante da li a poco ci avrebbe lasciato.
Di Giuliana Rocchi ho un ricordo lontano, di lei con le buste della spesa che arrancava per la salita della Chiesa Collegiata fino a raggiungere la sua casetta nel cuore delle Contrade. Un giorno, durante una delle sue commissioni quotidiane, incrociò mia madre e le regalò il libro “La voita d’una dona”. Non avevamo mai avuto un libro di poesie in dialetto in casa, ne sarebbero seguiti altri. Ben presto mia madre capì che mi piaceva la poesia dialettale e così mi regalò “L’ort ad Liseo” di Tonino Guerra. Gli altri me li sono procurati da sola memore del consiglio di Gianni Fucci: “Ricordati che per scrivere prima bisogna prima leggere!”.
Anche la poesia porta con sé una forte componente di imprevedibilità, non si sa mai quando l’ispirazione ti coglierà e dove ti porterà, soprattutto non si sa mai se poi sarà con te per sempre o a un certo punto ti abbandonerà. Io non so se sono un poeta, ma a me piace molto questa poesia di Nino Pedretti, che adesso vi leggo, dal titolo “E’poeta”.
In casa mi sento quasi imbarazzato
quando dichiaro che scrivo versi
che sono un poeta.
Ma poi se al caffè
un operaio mi dice
-bravo l’hai detto
proprio come potrei farlo io
se sapessi scrivere-
allora non provo più vergogna
e sono lieto del mio lavoro.
Ecco adesso provo a non sentirmi in imbarazzo nel ricevere questo Arcangelo d’oro, che in fondo è “L’Anzal ad lata che’e’ sta sòura e’ Campanòun”, come scrive Tonino Guerra.
Grazie di cuore a tutti, a tutti gli Amici che oggi sono qui, a questa grande famiglia che è la Comunità di Santarcangelo!
Buone feste a tutti.
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Ultimo aggiornamento: 20 dicembre 2025, 14:12