Descrizione
Buongiorno a tutte e a tutti, sono felice di essere qui oggi a salutare insieme a voi un anno bello, grande e altrettanto complesso. Ringrazio tutti i presenti per aver accolto il nostro invito, le rappresentanti e i rappresentanti delle istituzioni e delle autorità civili, militari e religiose.
Sono qui col cuore pieno e con tante cose da dire, mentre imparo giorno dopo giorno a essere il sindaco di Santarcangelo. Perché, come saggiamente mi ha detto un primo cittadino di grande esperienza, “da quando ti eleggono, non fai il sindaco, sei il sindaco”. E ci sono giorni, come ieri, che questo “essere” lo sento con tutto me stesso. Forse perché, ahimè, sono nato con questa sensibilità, forse perché quando ho abbracciato i genitori di Martina, la ragazza tragicamente scomparsa a Sant’Ermete lunedì, ho sentito di aver trasmesso loro l’abbraccio di tutti noi. E credo di non avere sbagliato.
Perché anche lei era figlia della città, una vita spezzata, a soli 18 anni, mentre percorreva il tragitto per andare a scuola. Sono momenti che chiedono cordoglio e commozione, la speranza comune per poter almeno in parte trovare un conforto. A lei mando un pensiero profondo, il senso delle parole d’amore che ha ricevuto in questi giorni si collegano a quanto di collettivo cerchiamo difficoltosamente di fare per sostenere la sua famiglia, i suoi amici. Un amore che la nostra città sa e deve trasmettere quando c’è bisogno. Quando chi resta ha bisogno di non rimanere solo. Ciao Martina, da qui ti abbracciamo tutti.
Ci sono giorni in cui la tristezza e la preoccupazione collettiva sono anche uno stato d’animo personale. E quei giorni essere sindaco è dura. Perché ci si sente soli. E poi a volte basta alzare lo sguardo, respirare forte e guardare da quanta bellezza si è circondati. E se devo dire quale sia una delle ragioni della bellezza, sicuramente ci metto la passione di coloro che insieme a me tengono unita questa città, la aiutano a crescere, contribuiscono nell’orario di lavoro ma anche al di fuori, al miglioramento delle condizioni di vita dello spazio, dell’ambiente e delle persone che la abitano. E questi sono i membri della giunta, che ringrazio fortemente per aver lavorato finora come una squadra coesa, dove ognuno esercita il suo ruolo con proprie caratteristiche e obiettivi senza dimenticare il raccordo, la visione d’insieme, il nostro orizzonte comune.
E poi c’è la squadra degli uffici, i veri protagonisti dell’ente, i suoi dipendenti, quelli del Comune e dell’Unione dei Comuni, coloro che producono servizi, “smazzano” gli adempimenti burocratici, sorridono anche quando la questione si fa dura e la notizia che devono dare non è proprio positiva. Loro sono la vera anima e il motore della macchina e a loro va tutta la nostra gratitudine, perché ci stanno permettendo di spingere sull’innovazione del sistema, dovendosi comunque fare carico di tutto ciò che è ordinario, tutto ciò che è dovuto, tutto ciò che ai Comuni viene sempre più scaricato.
Perché purtroppo il quadro italiano è questo, le incombenze istituzionali trovano nei Comuni (i primi aggregati di comunità che hanno dato forma al nostro Paese) una sorta di panacea di tutti i mali. Enti su cui buttare addosso di tutto, salvo poi sacrificarli quando si parla di tagli alla spesa governativa, che taglia taglia taglia continuamente trasferimenti diretti, ma anche indiretti come i servizi territoriali, a cui poi qualcuno deve fare fronte. E provate a indovinare chi? Regioni e Comuni. Sia quando si parla di sanità, che quando si parla di scuole, sicurezza o di manutenzione delle strade provinciali o statali. Ai Comuni toccano tutte le responsabilità che gli altri livelli istituzionali e connessi alla gestione dei servizi pubblici non vogliono prendersi, per un semplice e banale motivo: i comuni più di tutti devono rispondere ai cittadini. Sono la prima porta a cui tutti bussano e questa immagine ormai eroica del sindaco che deve rispondere a tutto e su tutto, fa scricchiolare la tenuta e la mera capacità umana di resistere.
Salvo poi sottopagare i dipendenti comunali, chiedere ai consiglieri di venire ai consigli praticamente gratis, non riconoscere indennità e funzioni per i tanti e diversi ruoli di responsabilità che siamo chiamati a prenderci. Insomma, a conti fatti, stare qui, anche se non sembra, è una gran fatica.
Come minimo bisogna aver voglia di resistere. E noi su questo abbiamo una giusta dose di “ignoranza”.
Per questo vorrei cercare di esprimere in maniera chiara il perché stiamo facendo il nostro lavoro e verso quale direzione.
Viviamo in un mondo che viene determinato da fatti e scelte che non stanno qui. O almeno che non partono da qui. I grandi blocchi della geopolitica mondiale vedono grandi continenti, grandi masse di popolazioni e grandi poteri economici muoversi con una forza tale da far sembrare piccola anche la secolare Europa, luogo in cui la civiltà ha conosciuto i massimi sviluppi della storia.
Noi in quell’Europa ci crediamo ancora fortemente come miglior luogo e veicolo istituzionale per negoziare nel mondo i principali cambiamenti, movimenti e determinazioni. Gli effetti delle crisi, economiche, energetiche, diplomatiche, demografiche, ambientali e sanitarie sulla scala di un mondo globale, interconnesso e dominato dal progresso tecnologico, entrano con sempre più prepotenza nella nostra vita quotidiana: basta pensare al prezzo degli acquisti nei negozi o al costo delle bollette e della benzina. Solo vivere quella quotidianità da cittadini europei ci dà la possibilità di essere italiani, emiliano romagnoli e santarcangiolesi con una speranza davanti. Altrimenti, già che è dura, la speranza la si può chiudere in un cassetto senza aprirlo più. L’Europa, seppur con tutti i suoi difetti, resta l’unica area sociale e geografica del mondo dove Stato ed economia convivono in una sorta di reciproco equilibrio, dove l’uno vive in dialogo con l’altro, tutela un interesse pubblico senza dover rinunciare allo spazio del libero mercato. In cui si convive tra Paesi dove libertà e democrazia sono quasi ovunque solidi pilastri che garantiscono equità e crescita. Sembra che vi stia raccontando una favoletta banale, invece guardatevi attorno e vedrete che i grandi blocchi a occidente e oriente, i loro governi, e ancora di più i loro cittadini, non godono di questi status, né all’interno della vita pubblica, né privata.
Basta pensare alle politiche attivate a livello comunitario per l’acquisto dei vaccini durante la pandemia, al tentativo di fissare una difesa comune, al ricovery plan per la ripresa post Covid fondato sul green new deal, ai sistemi per la salute e la connessione diffusa.
Ma anche l’Europa non è esente da colpe per una delle più grandi ferite che il nostro tempo trasporterà con immensa responsabilità e ignavia nel corso della storia che è il silenzio dei potenti del mondo davanti al massacro della popolazione palestinese. Gli attacchi subiti le vite spezzate il tentativo di cancellazione di un popolo dalla sua terra non saranno mai giustificati da nessun rapporto di forza e il silenzio di chi poteva intervenire e non è intervenuto non potrà essere facilmente dimenticato.
Quindi, guardiamoci attorno…. E rendiamoci conto di quanto siamo fortunati… siamo nella fascia più ricca del pianeta, con l’aspettativa di vita più alta, e viviamo nel periodo di pace più lungo della storia moderna. Abbiamo tutto, sembra, eppure i difficili equilibri scuotono anche noi, ci costringono a individuare azioni necessarie a produrre cambiamento. Perché ai ritmi a cui si è finora evoluto questo mondo, non si può restare fermi.
Per questo fin dal primo giorno di questa esperienza amministrativa, abbiamo sempre fissato un’asticella imprescindibile: noi siamo una piccola città con l’aspirazione di dotarci dei migliori standard di qualità della vita di città simili in Europa
Ed è un’ambizione che possiamo coltivare legittimamente, ve lo assicuro, perché per quanto abbiamo da “prendere” da quelle esperienze, ci sono anche tante cose che al mondo noi possiamo “dare”. Vi faccio l’esempio delle Cittaslow. Siamo una delle 300 città di questo incredibile network internazionale in cui non si ragiona solo di azioni destinate al marketing e al turismo, ma delle possibili azioni che le città possono attuare per concorrere insieme a migliorare questo nostro mondo. Sono le “città del buon vivere”, ed è un valore meraviglioso da poter condividere con altre comunità a livello internazionale.
A leggere il manifesto, e vi invito a farlo, nei valori e nell’identità di questa associazione di Comuni si ritrovano le parole di Tonino Guerra.
È per questo che mi sono impegnato molto a rappresentarci nelle tante assemblee organizzate in giro per il mondo. Non per parlare di me, ma per raccontare noi. Noi di Santarcangelo, che forse in quel pensiero così alto abbiamo depositato un seme. È grazie alla poetica di Tonino che in Slow food e in Cittaslow si è passati, molto prima che l’Unesco dichiarasse la cucina italiana patrimonio dell’umanità, a considerare il cibo come elemento che non sfama solo il corpo ma anche l’anima, a vedere gli occhi che mangiano il paesaggio, che si sfamano con la bellezza della realtà circostante. Per imparare a guardare attraverso ciò che siamo.
E quando vedo che tanti si appassionano a questa necessaria evoluzione verso una sorta di ritorno alle origini, a me sembra di vedere che nelle parole dei nostri poeti c’è già tutto, che sono attorno a noi, sono già nell’aria e noi dobbiamo solo riuscire a stare a sentire.
Questo a Santarcangelo abbiamo imparato a farlo molto bene, e lo facciamo da tanti anni percorrendo qualcosa che dovremmo avere il coraggio di definire come infrastruttura in costruzione per raggiungere il futuro: la nostra identità culturale. Il veicolo privilegiato per coniugare questa forte spinta diffusa in tutti il paese fra la tradizione e l’innovazione in un processo temporale che si protrae ormai da più di mezzo secolo in maniera molto intensa, e da cui abbiamo una fonte di ispirazione infinita.
Da Tonino Guerra, anima e punta di quel Circolo del Giudizio e di quella creatività da cui è nato tutto: la tradizione della poesia dialettale, il nucleo dei letterati e artisti che hanno contaminato il terreno di crescita sociale, con la cultura negli occhi e nel cuore. E poi il Festival internazionale del teatro in piazza, i grandi maestri della pittura e dell’arte.
E oggi questo grande bagaglio comune di cultura e qualità artistiche affermate, fanno di noi una comunità ricca. Una comunità in cui la cultura sostiene processi evolutivi, ci permette di affrontare con chiavi di lettura profonde nuove politiche in tutti i campi. La cultura ci salva e ci fa crescere. Ci permette di affrontare i grandi temi, come la pace, la giustizia, il rispetto dell’altro, la gentilezza, la parità dei generi, l’eguaglianza tra le persone. Cosa può aiutarti a farlo in un mondo così imbarbarito? Cosa può fare fronte alle relazioni degli algoritmi e alle intelligenze artificiali? Solo questo, il sapere ciò che siamo e la conoscenza del mondo in cui viviamo.
Perché come cercavo di spiegare prima, se vivere in questo pezzo di mondo è una grande fortuna, vivere a Santarcangelo lo è ancora di più. E non è solo una dichiarazione d’amore per il nostro paese. E’ una constatazione. I santarcangiolesi sono persone con una forte cultura, molto orgogliose e con un forte senso di appartenenza. I visitatori si appassionano, ci lasciano il cuore e vogliono tornare qui. Ormai siamo conosciuti in tutta Italia e anche al di fuori. Ma perché noi questa roba qui la diffondiamo e quell’aria Santarcangelo la porta in giro. Persone di provincia, ma mai provinciali. Tutti a darsi da fare per fare sempre qualcosa in più, per la propria famiglia, per la propria impresa, cercando di migliorare le condizioni per i figli o i nipoti. Gente operosa con la giusta “ignorantezza" di Romagna. Forti delle tradizioni imparate in casa, senza la paura del cambiamento, senza chiudersi nell’accontentarsi di quanto fatto, senza mollare le ambizioni.
Per cui, sono sincero, la grande fortuna di vivere a Santarcangelo e di poterla amministrare, mette tutti noi davanti a un bivio determinante: vale davvero la pena fare qualcosa per cambiarla questa città o lasciamo tutto così com’è, sperando di mantenere questo equilibrio e facendo solo un po' di ordinaria manutenzione?
Approfitto di questa occasione per affermarlo ancora, con determinazione: noi non siamo qui per lasciare le cose come stanno. Siamo consapevoli di quanto qui si viva bene, ma ancora più motivati per fare di tutto perché si possa comunque migliorare, cambiare, crescere. Sviluppare qualità rimaste inespresse, creare nuove opportunità e lavorare per diventare un simbolo di un sogno, di un luogo in cui si possono realizzare i sogni. Persino quelli che rendono felici le persone.
Per cambiare, intanto bisogna sapere verso quale direzione si vuole andare, e poi bisogna decidere come andarci. La nostra amministrazione comunale una direzione di marcia l’ha intrapresa, secondo una visione chiara: persone e ambiente al centro dello sviluppo. Con un metodo di percorrenza, che è l’applicazione del pensiero strategico, nella sinergia e nel miglioramento dell’utilizzo delle risorse.
Noi possiamo stare bene e stare meglio se il cittadino è al centro delle scelte, se in base a questo si perfezionano i servizi pubblici e si aumenta la fruibilità dello spazio pubblico, che è luogo centrale di affermazione soprattutto per quelle nuove generazioni a cui stanno raccontando tutti che non c’è un vero e proprio posto per loro nel mondo. E in relazione a questo si stringe un patto tra pubblico e privato, per cui su tali valori cresca anche il settore economico e ci siano investimenti diretti a migliorare l’intero sistema. A garantire in maniera diffusa un lavoro di qualità. Ricordo sempre a tutti noi che se Santarcangelo è una città in cui si vive bene è perché tra i suoi fondamentali elementi c’è il buon equilibrio tra impresa e lavoro, che garantisce quasi 9.000 occupati nelle nostre zone produttive, qualche migliaio nella rete commerciale e delle attività del centro commerciale naturale, nelle imprese della manifattura e dell’artigianato, nel grande ritorno che speriamo sia sempre maggiore all’impresa agricola, che è il nostro principale patrimonio di vocazione e che ancora oggi rappresenta l’85% del territorio fisico del comune. Proprio questo è un fattore che qualifica il progetto di sviluppo del brand turistico, assieme alla grande filiera degli eventi che promuovono questa capitale romagnola delle fiere che è Santarcangelo. San Martino, San Michele, Calici, Santa Piada… sono eventi ormai consolidati che raccontano la tradizione e la storia contadina e la sua evoluzione fino ai giorni nostri. Quello che racconto sempre e che nessuno crede è che nella nostra piazza ci sono almeno 3 mercati alla settimana, lunedì venerdì e sabato con gli agricoltori. Più la mostra scambio ogni prima domenica del mese. Ma sono robe da matti per una città di queste dimensioni!
Anche l’ambiente deve essere al centro delle scelte, altrimenti manca un pezzo. L’ambiente urbano del centro città e del tanto territorio a vocazione agricola.
Proprio sull’agricoltura dobbiamo concentrare i maggiori sforzi di riqualificazione in chiave aziendale e abitativa, per il recupero del patrimonio edilizio esistente e per incentivare produzione e accoglienza di qualità. Su questo siamo fortunati perché abbiamo agricoltori meravigliosi. Un’agricoltura che produce e trasforma sempre più il prodotto fino a portarlo in tavola. Siamo orgogliosi su questo di lanciare sempre di più al di fuori di Santarcangelo la nostra cipolla dell’acqua, presidio slow food di grande valore e che porta i “zvuleun” alla conquista del mondo.
E poi la possibilità di convertire strutture per l’accoglienza e la ricettività con attività adatte al tempo libero, alla vacanza e al ristoro fuori dalla città.
La strategia centrale su cui abbiamo seminato una traccia per il futuro, in questo 2025, è stata quella di “Santarcangelo città dei 15 minuti”. Non è uno slogan, ma un principio di sviluppo. La prossimità e il tempo diventano fattori qualitativi per le nostre relazioni. Arrivare in un quarto d’ora a piedi o in bicicletta in ogni luogo necessario alle 6 funzioni fondamentali di vita, che sono abitare, lavorare, istruirsi, approvvigionarsi, curarsi e divertirsi.
Per questa articolazione di funzioni sono stati sviluppati ulteriori progetti che abbracciano l’intera dimensione strategica, a partire dal nuovo Piano urbanistico generale che nel 2026 sarà assunto e proseguendo con lo studio e sviluppo dell’Hub urbano per le attività commerciali, l’Opificio di comunità per rafforzare una regia tra i tanti attori del welfare e della solidarietà quali il Centro per le famiglie o l’Emporio solidale.
Così le persone possono garantirsi tempo per fare altro, e non per spostarsi. Noi a questo abbiamo aggiunto la sfida del volerci muovere in maniera alternativa rispetto alla mobilità classica, e quindi pensiamo a una città con meno auto e più strade verdi. Su questo non torneremo indietro. All’interno del capoluogo e nei lunghi raggi che si diramano verso le frazioni.
Nel gennaio 2025 abbiamo inaugurato la pista ciclabile che collega il centro con San Vito, una frazione importante nella quale si trovano due scuole, un campo sportivo, una parrocchia e una Pro loco molto attiva, forse in futuro un cinema, un medico, una farmacia, un alimentari, un parco con un ponte romano, una rotonda con un gallo scolpito da un’artista di Mutonia.
Il 15 giugno, in una giornata che rimarrà storica per aver rafforzato il collegamento “d’là de fiom”, abbiamo pedalato con la Titanica di San Marino da Piazza Ganganelli fino a San Martino dei Mulini, una frazione importante della città in cui si trovano due scuole, un campo sportivo, una parrocchia con un bel parco, un alimentari, un dancing, un medico e la farmacia comunale. Quel collegamento vorremmo portarlo fino a Sant’Ermete, dove ci sono i lavori in corso per la ciclabile su via Casale e in cui ci sono gli stessi servizi che ho descritto finora. Lo dico per farvi rendere conto della ricchezza delle nostre frazioni.
Il 29 settembre per San Michele abbiamo pedalato lungo la ciclabile della Santarcangioleseriasfaltata, trovando un filo conduttore nel fantastico sistema di connessione verde tra i parchi che si affacciano su quell’importante arteria: lo Spina, il Maccabucco, il nuovo parco artistico della frazione dedicato al nostro santo patrono.
E poi il grande evento dell’anno, il 20 settembre, l’Emilia Street Parade, giornata speciale in cui abbiamo pedalato da Santa Giustina al centro su un asse nuovo, rigenerato, sicuro, che da millenni percorre e unisce la nostra città e di cui abbiamo voluto scrivere un pezzo di storia nuova. Quell’evento è stato più di evento. Lì abbiamo celebrato tutta la nostra storia, tutta la nostra spinta evolutiva, in una notte che nella storia ci resterà, che ha fermato per qualche ora i 60.000 veicoli al giorno che la attraversano, fatto respirare, ballare e abbracciare la gente in strada, restituendo nell’incredulità e nello scetticismo uno spazio che tutti poi si sono preso e coccolato in un grande entusiasmo collettivo.
E per tenere fede agli impegni, a maggio 2025 abbiamo anche candidato il tratto del Trc Rimini Fiera-stazione di Santarcangelo al bando ministeriale, per sognare, in quella Città dei 15 minuti che dicevo, di poter arrivare in così poco tempo dalla nostra stazione alla Fiera, alla stazione di Rimini con l’alta velocità, all’ospedale Infermi, all’aeroporto.
E abbiamo in arrivo un’altra straordinaria strada verde, il completamento del primo grande stralcio della ex ferrovia Santarcangelo-Urbino. Un esempio di recupero urbano che finirà negli annali di urbanistica e paesaggio e che sempre dalla nostra stazione correrà almeno per ora fino a via Scalone, attraversando più quartieri. Un anello verde che si proietta fino alla ex Buzzi Unicem, punto ambito di recupero a cui presto accederemo. La cosa che mi rende ancora più fiero di questo recupero urbano non è solo il coraggio della scelta, che è stata acquisire tutta ‘sta “bega” dal demanio e trasformarla secondo una nostra visione, ma l’idea che già due caselli su sette sono trasformati e pronti a dare valore sociale a tutta l’operazione. Quello intitolato a “Maria” Sartore ospita già persone che erano senza fissa dimora e si stanno avviando all’autonomia e l’altro, a breve, farà lo stesso per ragazzi con disabilità. E così la magia della rigenerazione urbana diventa anche sociale.
Tra le sinergie con il privato mi piace poi ricordare i progetti “Dopo di noi” alla casa di Michela Borgo Maestro della cooperativa “Fratelli è possibile” e il bene confiscato alla mafia diventato la “Casa di Ebere e Romanus”
Lo stesso mix si è concretizzato anche nella riapertura del Centro Giovani Labo 380 alla ex scuola del Bornaccino, uno stabile per decenni inutilizzato e oggi arrivato a nuova vita, una nuova giovane vita, grazie a un’associazione che dal basso, dal parco direi, ha ripopolato lo spazio. Un progetto appena partito, quindi ancora tutto da costruire. Così come è partito, ma con un successo inimmaginabile, lo skate park al parco Francolini, utilizzatissimo e fonte di presidio sociale e di miglioramento di tutto il parco.
Questo è il nostro centro giovani diffuso. Sono i luoghi in cui i bisogni incontrano le opportunità e vanno incontro agli istinti per poter prendere forma. E non vi nego che percepisco molta preoccupazione sul come si relaziona la popolazione minorenne alla città e ai propri concittadini: ribadisco come ho fatto poco tempo fa, che dobbiamo prendere consapevolezza che le cosiddette “baby gang", a Santarcangelo, sono i nostri figli. Non altri.
Ma la città dei 15 minuti non sono solo piste ciclabili, sono come detto i servizi dislocati nelle frazioni e quelli centrali.
Tra questi ci tengo a citare tre opere del 2025 di cui sono orgoglioso: la prima è la riqualificazione energetica e sismica del complesso della scuola media Saffi. Palazzina A, B (molto sofferta) e palestra. La seconda è la riqualificazione del Nido Mongolfiera, edificio ampliato in cui è stata aperta una nuova sezione con 15 nuovi posti. Una roba che non succedeva da 15 anni in città.
Infine, la riqualificazione della palazzina storica del padiglione “Rosa Lazzarini”, ex chirurgia dell’ospedale Franchini. Una riqualificazione degli esterni, della camera mortuaria, dei locali dell’Avis, ma soprattutto l’occasione di ripensare al ruolo dell’ospedale per questa città. Il 5 ottobre ne abbiamo celebrato i 150 anni rendendoci conto ancora una volta di come questo ospedale sia parte della nostra storia moderna e appartenga a tutta la città, come dimostra il fatto che tutta la città sia sempre scesa in piazza per l’ospedale. Una conquista collettiva per cui tanti si sono battuti, e che oggi ci consegna un equilibrio splendido ed efficace con una medicina pluri articolata e una chirurgia specialistica senologica di grande eccellenza e valore aggiunto per tutta l’azienda Romagna.
Per questo grande cuore e per questa grande dedizione al lavoro e alla cura ringrazio i primari Luca Morolli e Gianluca Frisoni e con loro tutti i collaboratori, medici e infermieri che ci rendono orgogliosi di questo bene prezioso.
Un ospedale sempre più in relazione con la collettività, grazie alla Casa della comunità, quella porta aperta ai cittadini che servirà sempre più a orientare alla cura, a fare qualcosa che arriva prima, che previene la malattia, perché si occupa della persona non solo con la risposta della medicina, ma con l’interesse alla condizione di vita complessiva e al dialogo.
Concludo questa rassegna di progetti importanti con uno di quelli che ci potrebbe far fare il salto di qualità nella categoria del tempo libero e della pratica sportiva. Parlo della “cittadella dello sport”, che altro non è che un ripensamento in chiave moderna del nostro centro sportivo e del valore sociale che lo sport rappresenta. Infatti in una cittadella totalmente accessibile e raggiungibile in bici e a piedi, andremo a realizzare una nuova grande struttura polifunzionale di cui il primo stralcio è ormai finito e andremo a iniziare il secondo. Una struttura per tutti gli sport, trasversale e inclusiva, che si accompagna ai tanti lavori di quest’anno sull’impiantistica di calcio, basket, tennis e atletica.
Crediamo nello sport come volano di una città più sana e di una comunità più forte, essendo uno di quei campi in cui si possono andare a stringere relazioni e vivere una cittadinanza attiva. E nel 2026 creeremo il primo calendario degli eventi sportivi, con la Festa dello sport in testa e tante manifestazioni come la storica Corsa dei Becchi, che quest’anno ha registrato più di 1000 iscritti, e la Coppa della Pace.
E a proposito di pace, sono orgoglioso di come si sia alimentata una grande coscienza collettiva su quello che accade a ogni latitudine che ha fatto sentire la nostra voce e il nostro dissenso verso un mondo sempre più insanguinato dalla follia collettiva della guerra e dagli interessi economici dei potenti. Sono orgoglioso di poter ricordare anche in questa occasione i tanti momenti vissuti insieme in piazza contro la guerra e le tante iniziative per la pace: il Gazabo, la partita dei diritti, la camminata di qualche giorno fa, il secondo premio Pace di Educaid consegnato qui a Santarcangelo a Michela Monte, che era a bordo della Flottilla e con cui ci siamo collegati durante la spedizione proprio dalla nostra piazza.
Se riusciamo a lavorare così profondamente ai temi della pace, della legalità, del rispetto e della gentilezza, con tante intitolazioni, panchine rosse, parole diffuse e lavori con le scuole, è perché possiamo contare su basi culturali solide. E torniamo lì. Al valore della cultura per leggere il mondo e affrontare i grandi temi che ci toccano.
La cultura a Santarcangelo è valore, è comunità. E questo 2025 ci ha richiamato più volte a scendere in piazza per difenderla.
Sia quando a gennaio il Consiglio di Stato ha annullato tutti i provvedimenti esistenti per mantenere in essere il sito di Mutonia, sia a luglio quando il Ministero ha dimezzato il punteggio del Festival del teatro in piazza, mettendo in una posizione di semi esclusione dalle certificazioni nazionali. Il più longevo Festival italiano del settore. Un Festival di livello internazionale che ha subito un tentativo politico di cancellazione della sua storia.
E noi ci siamo stati. Lì a lottare per far sentire una voce. Poter dire al Paese che la libertà d’espressione va difesa e garantita anche quando non condivisa. Ce l'abbiamo fatta, per ora, ma non si può mai abbassare la guardia.
E anche la poesia va difesa. Abbiamo vissuto in maniera intensa il Cantiere Poetico 2025 perché, e per questo ringrazio la direzione artistica di Fabio Biondi, ci ha permesso di attraversare le ferite del popolo palestinese attraverso i suoi poeti, della vita quotidiana che scorre e l'infinita sofferenza che sopporta.
Non è stata una missione umanitaria, ma è stata la poesia. La stessa poesia che ci ha portato Paolo Nori a Santarcangelo, da fine ottobre diventato nostro cittadino onorario, quarto classificato al Premio Strega con un libro che non parla di Baldini. Parla con Baldini. E ci parla di noi, come forse neanche noi sapremmo fare. Di quella grandiosa storia della poesia dialettale che ben è raccontata nell'ultimo libro di Rita Giannini, che nel titolo recita un’affermazione potente e diretta: "Santarcangelo, dove tutto è cominciato".
E tra il rischio di perdere l'uso del dialetto scritto e parlato e la necessità di coltivare poesia, abbiamo pensato a te Annalisa. Alla migliore espressione che conduce la nostra città alla conquista (si fa per dire) della rinascita poetica, per questo nostro paese e per questa nostra Italia. Perché crediamo che di poesia il mondo ne abbia davvero bisogno. Perché attraverso questa pratica così spontanea e profonda si possa tentare ancora una volta di non sentirsi soli, di vivere coinvolti in un grande “Noi”, di dimensioni infinite e senza confini.
Un richiamo che ancora una volta ci riporti sulla piazza per ricordarci che tutto questo ha un senso solo perché possiamo continuare a farlo insieme.
A cura di
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Ultimo aggiornamento: 20 dicembre 2025, 14:11