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Racconti Sprigionati 5 | Un abito da Favola

Il Racconto Sprigionato di Edda Mussoni (1937)

Nella Contrada dei Fabbri, proprio a due passi da casa mia, c’era una sartoria molto rinomata e frequentata dalle signore dell’epoca. Era la sartoria della Silvana, sarta finissima e precisa, cuciva abiti meravigliosi e tailleur perfetti, poi si specializzò in abiti da sposa. Io andavo a bottega proprio lì, insieme ad altre 6 o sette ragazze, per imparare il mestiere.

Erano i primi anni ’50, avevo 17 anni e avrei voluto fare la magliaia, ma siccome la macchina costava troppo e i miei genitori non potevano permettersela, hanno scelto loro per me.

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Quello della sarta era un mestiere molto diffuso all’epoca e tante erano le sartorie a Santarcangelo: la Renzi, la Palmina, la bellissima Peppina Magalotti, sposata con il conte Lele Marini, poi la bravissima Elda.

Erano sarte tutte rinomate con al seguito tante scolarette che con abilità e passione davano vita ad abiti da sogno per le signore di quei tempi.

Ricordo a proposito, un vestito bellissimo, realizzato dalla Silvana per una ragazza di Santarcangelo, la Tea Nicoletti, che doveva andare al veglione dei cacciatori dove facevano il concorso di bellezza “Miss Diana”.

Io ho lavorato con attenzione a questo abito favoloso rendendolo ancora più prezioso: ho applicato una cascata di fiorellini bianchi di pizzo, fissati con delle perle, su questa nuvola verde mare.

Silvana era molto soddisfatta del risultato e mi chiese di indossarlo per fare una bella foto da conservare come ricordo e come esposizione. Che emozione! Sembravo proprio una modella. Peccato che nella fotografia non si vedesse il colore.

Per la cliente è stata sicuramente una bella soddisfazione poterlo indossare e andare a quel veglione. Anche io avrei voluto tanto andarci, ma non avevo un abito adatto, non l’ho mai avuto.

Avevo però una bella voce, come mio babbo Primo, e mi sono tolta la soddisfazione di cantare al Supercinema dove c’era l’Orchestra diretta dal Maestro Rino Giorgetti che accompagnava i cantanti.

Serate meravigliose, con tanto di presentatore, musica dal vivo e tanto pubblico.

Cantavo i brani in voga in quegli anni: “Vecchia villa comunale”, “Abito da sera”, “Acquarello napoletano” tutte canzoni melodiche di quei tempi.

Ma non avevo un abito elegante. Solo una volta indossai un bell’abito da sera, ma non era mio.

Mi era stato prestato dalla Silvana per l’occasione.

Che serate! Quanti applausi e apprezzamenti ho ricevuto! Che bei ricordi!

In sartoria passavano tante signore e durante le prove degli abiti, si scambiavano due chiacchiere, mentre fuori, c’erano tanti ragazzi ad aspettare l’uscita di noi giovani scolarette.

A me piaceva ascoltare. A quei tempi anche a casa, alla sera, si usava fare la veglia e a casa nostra passava tanta gente. Ricordo che abitavano nella stessa casa anche i Nicolini, la Olga e suo marito, Pio detto “Pio dla Sefora”, il padre di Flavio Nicolini. Pio era un sovversivo e durante la guerra era stato imprigionato dai tedeschi, nelle carceri della città. La figlia Afra, mi aveva raccontato che quando era stata a trovarlo in carcere c’era un giovane soldato tedesco, un ragazzino, forse disertore che le aveva fatto molta compassione, pensando che avrebbero potuto fucilarlo, poverino, così giovane. E quel racconto mi aveva molto impressionato e colpito. Avevo sofferto molto per lui. Chissà che fine avrà fatto.

Un racconto invece che mi fa sempre sorridere è quello di mia nonna Mariuccia, che per aver defecato fuori di casa, anziché nel secchio (allora non c’erano i bagni nelle abitazioni) era stata messa una notte in galera e quindi ci diceva: “Me, par fè una caghéda ad fura, a so stè una nòta in galera!”

E così si raccontava, si sognava, si rideva, si piangeva, si condividevano insieme gioie e dolori.

Adesso, sembra tutta una favola, come quell’abito nella foto… un abito da favola.

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